
È dunque davvero necessario scavare e ritrovare il significato originale della parola se, nel tempo nel quale si percepiscono significati e significanti mutati e depredati della propria origine, del contesto che li ha generati, assumono forme precarie, seppure così solidamente radicate nel rizoma del presente, tali da risultare vive e valide risposte al proprio precedente valore? Non v'è, forse, una valutazione mediocre del linguaggio e dei contesti entro il quale esso si fa dominare, per cui non potrebbe mai ricomporsi in un progetto sanificato dal dubbio e quindi libero dalle interrogazioni? Non parliamo, dunque, della creolizzazione e della fusione di lingue che, nell'accezione più pura, intendano compromettere la stabilità della purezza del proprio linguaggio per far posto all'apertura verso l'esterno, alla disarmonizzazione delle colonne portanti di un CsO (Corpo senza Organi) in continua evoluzione/compromissione. Sebbene esista un dovere comune di riempire di significazioni il linguaggio, è pur vero che l'evoluzione e la deterritorializzazione, quindi la riterritorializzazione e l'immanente utopia di generare un linguaggio puro, universale, non sono che opposizioni alla hybris, al "volere divino", se così vogliamo definirlo, di continua evoluzione; evoluzione che - ricordiamolo - non definisce solo il linguaggio ma che si rigenera giacché mutano i mezzi, le opinioni, le transdiscorsività, il paratesto e le gestioni del pensiero, inteso sia nel contesto comune e politico, sia in quello individuale, sia, soprattutto, in quello poetico, ove svolge ruolo di pura dinamica e sentimento individuale. La nascita del capitalismo ha dato nuova vita all'uso e all'abuso di nuove frontiere economiche. Il problema cardine è divenuta la schiavitù derivata dallo stress di una maceria che si rigenera riorganizzando e anticipando i bisogni che serpeggiano in una "merge" di filler mentale, una metastasi senza riserbo inglobante volontà e necessità irreali. Il continuo, esasperante vuoto, si stratifica nel Corpo senza Organi ipotizzato da Artaud. Dalla maceria, sorgono nuove necessità, nuovi modelli di sviluppo, nuovi linguaggi (di cui abbiamo parlato precedentemente) in continua accelerazione. Una mistificazione dei contenuti che ha, ormai da più di un secolo, ottenebrato la significazione, i semi, col bisogno dell'ecdotica e non solo. Questo sviluppo rizomatico ha determinato una scissione, una disassociazione (schizofrenia) col passato e con ogni velocità non appartenga al presente, poiché i gap, le fallacie e i bias sono oramai parti integranti dei soggetti, come pure degli enti, a cui manca il tempo di organizzare un pensiero profondo. S'è persa la profondità, l'acume. Hofmannsthal l'avrebbe nascosta alla superficie, quella profondità ma, laddove si risulti manchevoli di sostanza, di basi, pure la superficie perde l'efficacia di rifugio, per via della "conservazione del vuoto", ché non vi sarà niente da nascondere, né da condividere. Sopperire al vuoto con altro vuoto, alle corde è questa la ricerca del tardo sapiens: l'immanenza di un pericolo che sfocia in crasi, in distacco ipersonico.
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