« Un tempo si nasceva vivi e a poco a poco si moriva. Ora si nasce morti – alcuni riescono a diventare a poco a poco vivi »
(Bobi Bazlen, Il capitano di lungo corso)
Non è un caso che nella quête della letteratura mondiale, specie in quella dell'ultimo decennio, si vada delineando l'idealizzazione dello scrittore-feticcio, del dannato per eccellenza, speso tra libri, identità libertarie e fugacità di vite e di memorie postume. L'analogia che sempre vede l'alea e la disfatta che hanno incombuto sui capi di quegli autori fino a tutto il Novecento, trovano traccia ancora oggi nella scrittura di internauti e figli di un passato gremito di fideisti e di ricercatori del patronimico, alla costante disamina dei padri ma figli del loro tempo.
Sicché cambiano i vizi, le forme, i contesti della scrittura, cambiano le problematiche - le quali - in un conglomerato di facilitazioni e di mercificazione delle immagini, delle dismorfie sociali, delle accelerazioni delle varie Finestre di Overton, finiscono per delineare due sottogeneri di scrittura: quella qualunquista - autarchica probabilmente - votata a generare e ri-generare se stessa in un turbinio di egocentrismo e di rifiuto del sociale a priori, e quella idealista, venduta, che segue mode, tempi e mercato.
A fronte di quanto detto e parallelamente alla valutazione degli specimen esaminati, insistono modelli di scrittura adespoti che tentano di ricostruirsi tra le rovine del tempo e che, in un modo o nell'altro, suscitano fascino, sia esso inteso come caratterizzazione o come elevazione della scrittura a un nuovo modello. È dunque il tempo della sperimentazione, della riduzione ai minimi termini; mai come oggi abbiamo risolto, grazie a Derrida, a De Saussure, a Heidegger, ma anche a Foucault e ad Husserl, il problema della struttura del logos, del Destrutturalismo, dell'ermeneutica ben lungi dall'intendersi come mera interpretazione del testo ma che sia, invece, trasformazione, un veicolo che sia già presente al momento stesso in cui se ne volesse prendere atto. Piccole variazioni, minime forse ma fondanti ma che permetterebbero la liberalizzazione da quelle schematizzazioni imposte dalla mercificazione degli oggetti in gioco e anche e soprattutto dei soggetti, degli autori, affinché si tengano lontani da schermaglie, ubbie e specchi per le allodole e comincino a lavorare per una scrittura artificiosa ma fruibile, che torni a dire e a dare strumenti di crescita a lettori e altri autori.
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