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La tour de Babel (1997) - Raoul Giordan |
Nel primo capitolo della Genesi, Dio si prefigura come unico attore. Un attore privo di astanti che crea tempo (giorno e notte) e spazio (terra, cielo, mare). Il Verbo rappresenta, in cristologia, il Logos, la Parola ma anche l'incarnazione. Per comprendere l'aspetto peculiare dell'incarnazione del Verbo, sarà necessario attendere la creazione dell'ascoltatore-uomo, l'unico tra gli esseri viventi che potrà mettersi in contatto con Dio e interloquire con Esso, l'unico creato a immagine e somiglianza divina, non intesa in tal senso nella fisicità e dunque nella carnalità, poiché Dio non è definibile in carne ma piuttosto nel contatto diretto che acquisisce con l'interlocutore uomo quando si interfaccia con esso e, per la prima volta, in Genesi si usa il complemento "Dio disse loro:". In altro linguaggio, potremmo affermare che l'uomo si scopre osservatore dell'Opera di Dio, capace di comprendere un linguaggio
già cominciato dal Creatore quando ancora il linguaggio non era necessario ma che l'uomo ha poi contribuito ad arricchire, dando il nome a oggetti e animali. È dunque l'Adam-uomo a dare il nome a cose e animali, sebbene poi non trovi in oggetti e altri esseri viventi un modo di relazionarsi con il linguaggio. Ecco intervenire Dio come palliativo per la solitudine dell'uomo, che crea Eva da una costola di Adamo; un altro essere umano che possa realmente relazionarsi col primo. Adamo ed Eva sono la rappresentazione del genere umano, dell'universo maschile e femminile, posti entrambi sullo stesso piano, entrambi "a immagine di" (B'tselem in ebraico) Dio, poiché capaci entrambi di relazionarsi con Dio. La parità tra uomo e donna è espressa nell'omofonia is e issa (termini che hanno significato di "essere forte" il primo e di "essere debole" il secondo), allorquando Adamo, vedendo per la prima volta la donna esclama: "Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa", manifestando subito quella comunione rappresentata dalla costola. Il motivo per cui si sia scelta proprio la costola per la creazione della donna biblica va ricercato in ambito filologico e mitologico. Nei miti sumeri, l'ideogramma "TI", che inizialmente rappresentava una freccia, aveva significato di "freccia", "vita", "vivente" e "costola" e il mito a cui si rimanda è quello di Enki e Ninhursag, dove il dio Enki, signore dell'Absu, delle profondità (poi abyssus in latino), (da Ab = acque dolci e su = principio, quindi acque primordiali), unito in un matrimonio ierogamico con la dea Ninhursag (dea della terra, madre, signora della costola), la feconda con la sua acqua (sperma), dando vita agli esseri viventi. In Genesi 10 si parla della Tavola delle nazioni, in cui sono descritti, in modo universale, 70 popoli: 14 figli di Jafet, 30 figli di Cam e 26 figli di Sem. Questi 70 popoli sarebbero dispersi sulla faccia della Terra e ciò a testimonianza della benedizione divina, diramata in quattro direttrici da considerare positive: 1) Diversificazione etnica; 2) diversificazione politica; 3) differenza linguistica; 4) distribuzione del territorio. Ciò che in Genesi 10 è un fattore positivo, dovuto alla divina provvidenza e alla benedizione divina, in Genesi 11 si trasforma in un elemento negativo che ritroviamo nell'episodio della Torre di Babele. Accade infatti che degli uomini, emigrando da oriente, capitarono su una pianura del paese di Sennaar e vi si stabilirono. Decisero di voler costruire una città con una torre la cui cima potesse toccare il cielo, in modo da evitare di disperdersi su tutta la terra e creare un'unica lingua. Quando Dio si accorse che l'idea che quegli uomini volevano realizzare era realmente possibile, decise di confondere la lingua di ognuno di loro, perché non si comprendessero più l'uno con l'altro. Esistono due possibili interpretazioni all'espressione utilizzata nella Bibbia: "Una sola lingua e le stesse parole" . La prima è quella materiale: "Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole", sembra effettivamente riferirsi all'unicità della lingua adottata inizialmente dai 70 popoli descritti nella Tavola delle nazioni. L'altra interpretazione è di carattere militare; in base ai testi politico-militari della Mesopotamia infatti, "essere di un solo labbro di uguali imprese" sta a sottolineare l'unità di uno o più popoli uniti dallo stesso sentimento, amministrati da un governo centrale e uniti sotto lo stesso Pantheon divino. In tal caso si tratterebbe di un progetto imperialistico che vorrebbe riunire più popoli sotto la stessa autorità. Nell'Enuma Elis appare chiaro questo disegno biblico nella descrizione della nascita di Esagila, il santuario alla sommità della ziqquratt di Babilonia. Lo scopo di "toccare il cielo" andrebbe perciò interpretato in modo teologico, poiché tale torre era pensata come un microcosmo riproducente un macrocosmo; sette scale che rappresentavano i sette pianeti allora noti e il vertice della torre era la connessione tra cielo e terra. In Genesi 11 si leggono molti rilevamenti mesopotamici, in particolare Enuma Elis VI,62: "Essi innalzarono il capo di Esagila verso il cielo". Il gesto di alzare il capo è interpretato come una sfida contro YHWH e contro il suo tempio: Babilonia si erge contro Gerusalemme (la parola Satana vuol dire oppositore, avversario, aggressore e non compare nei primi cinque libri della Bibbia e, una delle prime identificazioni è proprio quella dello spirito persiano Ahreman). La ziqquratt Etemenanki contro il tempio di Sion. Altro fine è quello di "farsi un nome". Farsi un nome vuol dire, in senso biblico, avere una stirpe come quelle di Davide e di Abramo, il nome è l'assicurazione per la sopravvivenza nel futuro. Tale duplice finalità pone il rischio della hybris, ossia della tracotanza dell'uomo di ribellarsi all'ordine costituito e quindi di sostituirsi a Dio stesso. La traduzione della frase: "tutto ciò che hanno progettato di fare non sarà loro impossibile", mette tuttavia Dio su un piano umano troppo basso, lo fa scadere cioè nell'invidia, per cui Esso accoglierebbe la necessità di bloccare il progetto positivo degli uomini. Meglio sarebbe tradurre: "Tutto quanto hanno progettato di fare li fa credere divini". L'idea di Dio viene in questo modo vista sotto una nuova ottica, per cui il castigo andrebbe interpretato come il fallimento di quell'illusione umana di diventare divinità, di sostituirsi a Dio. Tornando alle due interpretazioni, alla mera confusio linguarum e alla rottura dell'autorità, possiamo aggiungere alcuni aspetti. Sotto il primo aspetto si cela l'interpretazione della rottura di ogni collaborazione umana, la dispersione degli uomini poiché incapaci di comunicare e, infatti, la funzione principale del linguaggio è di permettere la collaborazione tra gli uomini e la società. A un livello più profondo, invece, "confondere il labbro" o "non capire il labbro di uno" in accadico stanno ad indicare la rivalità, l'opposizione, la ribellione (il Satana della Bibbia). Dopo aver conosciuto un periodo di grande splendore sotto Hammurabi, creatore del primo codice di leggi scritte e poi dopo Nabopolassar e Nabucodonosor, l'antica città di Babilonia fu soppiantata dai Persiani.
Per concludere: la ricchezza delle lingue è tutt'altro che una maledizione, sebbene sia palese la difficoltà e il rischio di incomprensione e incomunicabilità. La traduzione diviene spesso ardua, soprattutto quando si tratti di alta poesia, dove "ogni rigidità del semplice segno si dissolve; ogni parola è di nuovo riempita di un contenuto individuale che le è peculiare e diventa con ciò l'espressione dell'intima mobilità, della pura dinamica e del sentimento". E Cassirer.
Marco Nuzzo
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