La Poesia si colloca, contro ogni ragione, nell’inviluppo del
rapporto uomo-natura e del desiderio - infinito dell’essere - di
soddisfare la finitezza di passioni e di possibilità umane; per tale
motivo, diviene sussunzione del proprio divino, un breve passaggio,
articolato in metafore, metonimie, giochi semantici che esulino e
delineino, al contempo, la vastità di sentieri, sfibrati l’uno
dall’altro, atti a ricomporsi nel cerimoniere della lettura. Eppure
la costruzione stessa, che si parli di poesia, di letteratura o di
palazzi, è solo l’altro pezzo di uno zibaldone, un coacervo di
pensieri sparsi e riassemblati per definire l’ordine dal disordine
rizomatico, dalla fluidità della caosmosi, da quel Corpo senza
Organi (CsO) facente eco a un processo che l’uomo non riesce
interamente a definire, terminando col risaltarne la noetica, la
correlazione spuria, guardando alla propria limitatezza come a un
mondo al margine di altri mondi possibili, impossibili, eclissati,
sperati. L’ecfrasi, la descrizione, macchiano il rapporto di
intimità tra l’ente e l’essente, proprio per la fallibilità
delle opinioni, eppure al contempo esaltano il particolare rendendolo
precipuo, solido, condivisibile.
Nelle Opere di Guglielmo D’Aprile, “Il sentiero del polline” – ed. 2020 e “Falò di carnevale” – ed. 2021, traspare la cartografia di armonie dissacranti in cartoline dal passato, dal presente e dal futuro, oggetti, monoliti sparsi su sentieri spesso cupi che, nella descrizione di un malessere recrudescente, pongono al vaglio l’incertezza che pure è comune tra gli uomini. Deiana ha giustamente definito “civismo” la poesia di D’Aprile, seppur, con buona pace di ognuno, la rassegnazione, la crudezza delle rappresentazioni, informano di una sequenza per cui traspare un loquace verismo, sebbene il sottoscritto non sia propenso a catalogare in -ismi le opere, poiché s’arrischia di definirle in contesti adiabatici, isolandoli laddove possano rifulgere e fluire in transdiscorsività migliori o più libere. Si potrebbero tracciare parallelismi con Cioran, con Benatar, Zapffe o Ligotti, Leopardi o Schopenhauer, eppure ci si arrischierebbe in impervie processioni e ricerche, poiché qui tutto è privato di senso, tutto è dissoluzione eppure magnifico, come in “Indecifrata stele”:
“… spiegava valli e partoriva vette, /ed ogni ruga lungo le scogliere /e ogni picco e cresta componeva /in una trama assurda, sconvolgente /ed insieme perfetta, in apparenza /priva di logica eppure magnifica…”.
L’afflato è notevole, spesso a causa delle anafore, come pure la disposizione, talvolta descrittiva nell’insieme, eppure capacissima di effondere l’odore di vuoto attorno, un vuoto inteso come catarsi della o nella catabasi, ma qui l’inferno è in terra di pellegrini:
“Quasi mai i luoghi di villeggiatura /corrispondono all’eden patinato /promesso dai depliant pubblicitari. /L’eldorado a compenso della rampa /uno scherzo di gusto discutibile /di annoiati cartografi: una truffa...”.
Poesia sorvegliatissima, riaffiora nella memoria della cenere da cui incalzano trenodie che ricordano The Waste Land di T. S. Eliot:
“… Ora vengono le vergini portatrici di urne, urne che contengono / Polvere / Polvere / Polvere di polvere…” (T. S. Eliot, Marcia trionfale).
“Il fiume di piombo fuso mi scorta: /sulle sue palme livide /distinguo di tanto in tanto gli avanzi /della festa degli anni: luoghi e volti /che amai, affioranti e subito /sopraffatti dall’onda densa, rapida /a richiudersi; a stento /galleggiano oggi, gonfi /e arresi a una deriva /di uccelli morti, altalene spezzate; /la corrente li porta verso il luogo /dove ogni sole scopre /il suo cuore di cenere”.
Lo stesso viaggio, analisi della vita, non ha tutta la bellezza dei preparativi costati per arrivare e:
“Scavallato il crinale, /inizia un pendio che declina /fino al disabitato fondovalle, […] Ogni escursionista è preda /del rimorso: più avanza /più si convince che la geografia /non è scienza attendibile […] il poco che si vede / all’uscita della boscaglia, è /piuttosto deludente…”.
Viaggi e pellegrinaggi fatti di storie, di umanità, di occasioni mancate, di speranze, occasioni e cenere, un sapore agrodolce che sfuma al prossimo rintocco, un rifugio, forse o un carillon di speranze abbandonate, poi ancora un vuoto, una nuova conflagrazione finale, un’ecpirosi, l’amore per una flebile storia dell’uomo in bianco e nero.
Link:
- Il sentiero del polline: https://www.ibs.it/sentiero-del-polline-libro-guglielmo-aprile/e/9788832152951
- Falò di carnevale: https://www.faraeditore.it/Spiccioli-ruach/Falocarnevale.html
Marco Nuzzo
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