È l'ultima moda sui social, nonché motivo di vanto e di decanto delle proprie doti da fagocitatore malsano di libri: la lettura (nonché buona parte della Letteratura) è oltremodo, specialmente negli ultimi anni, divenuta motivo di discussione e di interessi attorno al tema dei libri. Si scrivono e si pubblicano libri come se tutti avessero qualcosa di cui parlare, si legge (o quantomeno ci si vanta di farlo) come fosse un'attività alla quale dedicare il proprio, intero, processo evolutivo ed è pure vero che per gli antichi Greci, l'ozio indicasse il tempo libero da dedicare alla crescita individuale, come pure era inteso lo studio (otium litteratum) presso i Romani. L'Huffinghton Post traccia ben 8 motivi, definendoli addirittura "scientifici", per cui dovremmo leggere spesso libri, meglio se cartacei. Farlo ci renderebbe addirittura più intelligenti e più empatici.
L'articolo è qui. Il problema di articoli del genere è che la gente tende a immedesimarsi nel lettore medio, ricadendo in bias ed effetti Barnum non dissimili da oroscopi e altre terapie allucinogene che tendono a rendere catatonico e ad alterare ogni parametro di giudizio, poiché ci si affiderà a termini come "scientifico", "cartaceo", "leggere spesso" pur di definire utile la carta straccia. Il risultato sarà che il lettore medio avrà conferma che qualsiasi libro che abbia quella forma, soprattutto se cartaceo, contribuirà a renderlo empatico e intelligente. Lo dice la scienza! Poco si preoccuperà del contenuto o della trasmissione e della transdiscorsività, ché il lettore si fisserà sul piacere datogli dalla carta, da quello di un testo più o meno scorrevole, sino alla capacità di rendersi bello, dicendo ciò che il lettore medio vuol sentirsi dire, carattere da cui scaturirà il passaparola e l'importanza del libro stesso e, per devianti processi mentali, anche dell'autore. Ecco dove dovrebbe intervenire Roland Barthes, ecco il punto in cui l'autore del testo dovrebbe morire (di 'morte dell'autore') e far tornare l'ago (e l'ego) della bilancia sul testo e non sullo scrittore, né, tantomeno, sull'oggetto libro. Il chi abbia detto cosa non ha valenza, come non ha valenza il supporto su cui viene presentato il testo; eppure sorgono tutt'ora discussioni sulle preferenze tra eBook e cartaceo. La domanda da farsi, invece, dovrebbe essere un'altra: che libri leggi? E non ha alcuna importanza il supporto di lettura. Se Twitter, Facebook, se la televisione e le notizie assecondano, in qualche modo, la scelta e i gusti, la stessa cosa accade anche con i libri: alla fin fine ci si rinchiude in una filter bubble con contatti e informazioni separati dal mondo esterno e tendenti sempre più all'omologazione. Il risultato sarà che esisteranno maggiori opinioni omogenee e un restringimento dei gusti e dei generi, a discapito di quei pochi lettori i cui generi diverranno di nicchia. Il problema serio è che molte tra queste situazioni non soltanto sono legittimate, ma sono accettate anche dal punto di vista intellettuale, nonché incoraggiate e intese come formative, (si rimanda al link relativo all'Huffinghton Post, sopra). Se davvero si volesse crescere formativamente, un lettore, un divoratore di libri, dovrebbe quantomeno farsi un esame di coscienza e appurare dove sia mancante, cominciando a leggere ciò che troverebbe scomodo, contrario al proprio modo di pensare, che gli faccia storcere il naso ma che gli sbatta in faccia punti di vista differenti, scevrando ogni dubbio o facendogli porre qualche domanda sulle proprie certezze. Si tratta solo di provare strade nuove, di vagliare, di mettere in dubbio o meno quella conoscenza, di rimettersi in gioco, spingendosi oltre certi articoletti di giornale dove tutto è semplicemente meraviglioso. E poi sappiatelo: la formazione, volendo, la si trova anche fuori dei libri, tra attività ludiche all'aperto, tra i videogames, per esempio, i quali, nonostante la denigrazione e con le dovute differenziazioni epistemologiche o artistiche, sono sempre più spesso dei validi sostituti di libri e romanzi. Per esempio, la qualità dei videogames è rispecchiata dalle classifiche di vendita e c'è di certo che i videogiocatori non andranno mai a comprare il titolo di cui si parla di più, come fa invece la signora, in libreria, che chiede "L'ultimo vincitore del Premio Strega" senza, tra l'altro, ricordarne il titolo o il contenuto.
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