« Un tempo si nasceva vivi e a poco a poco si moriva. Ora si nasce morti – alcuni riescono a diventare a poco a poco vivi »
(Bobi Bazlen, Il capitano di lungo corso)
Non è un caso che nella quête della letteratura mondiale, specie in quella dell'ultimo decennio, si vada delineando l'idealizzazione dello scrittore-feticcio, del dannato per eccellenza, speso tra libri, identità libertarie e fugacità di vite e di memorie postume. L'analogia che sempre vede l'alea e la disfatta che hanno incombuto sui capi di quegli autori fino a tutto il Novecento, trovano traccia ancora oggi nella scrittura di internauti e figli di un passato gremito di fideisti e di ricercatori del patronimico, alla costante disamina dei padri ma figli del loro tempo.