Appuntamento con il gruppo folk “In My June”, composto da Paolo (voce e chitarra) e Ricky (chitarra e cori). Gli In My June nascono nel novembre 2010 dall’intersezione di Paolo e Ricky che provengono dal gruppo Noise/punk-hardcore Anarcotici, e Laura, violoncello e soprano. Ragazzi che ho già avuto modo di conoscere e di intervistare e che guardano alla musica folk legando in una sorta di amalgama il coraggio di guardarsi dentro, di ciò che fa male, tra la dolcezza e la crudeltà dell’acustico. Nel settembre 2011 esce il loro pimo disco “Blind Alley”, a settembre 2012 esce il
video di “Need”, una cover dell’omonimo brano dei Mudhoney. Nel 2013 viene abbandonato il violoncello per far spazio ai synth. Dovessimo fare un paragone, gli In My June si potrebbero localizzare in un contesto molto ampio e mai definitivo. Per i temi presenti negli album, li si potrebbe paragonare a Nick Drake o a Elliott Smith. Andiamo a conoscere meglio gli In My June, giunti al loro secondo disco, “Leaves Don't Fall By Chance”, con l’etichetta indie Garage Records e col produttore artistico Marco Pagot (Maya Galattici, Chinasky, Matsukao) dietro il banco mixer.
video di “Need”, una cover dell’omonimo brano dei Mudhoney. Nel 2013 viene abbandonato il violoncello per far spazio ai synth. Dovessimo fare un paragone, gli In My June si potrebbero localizzare in un contesto molto ampio e mai definitivo. Per i temi presenti negli album, li si potrebbe paragonare a Nick Drake o a Elliott Smith. Andiamo a conoscere meglio gli In My June, giunti al loro secondo disco, “Leaves Don't Fall By Chance”, con l’etichetta indie Garage Records e col produttore artistico Marco Pagot (Maya Galattici, Chinasky, Matsukao) dietro il banco mixer.
Un ben ritrovato, ragazzi e grazie per avermi concesso il vostro tempo. Parliamo un po’ di voi. Un connubio di anime che s’incontrano per dar vita a un esperimento vocato a crescere e maturare in un contesto indipendente e lontano dalla commercialità. Perché questa scelta? Chi sono gli In My June?
Ciao Marco, un grazie a te per ospitarci ancora tra le tue righe. In My June sono solamente delle persone che cercano di scrivere e comporre pezzi sinceri, vissuti sulla propria pelle e sui propri sentimenti. Sono persone che cercano di essere oneste con loro stesse e soprattutto con la Musica, l’entità che ha dato un senso alle loro vite, nonché linfa vitale per il loro futuro. Non abbiamo scelto di essere anti-commerciali, se fai un salto nel passato, artisti come Chuck Berry, Beatles, Ramones non avevano inizialmente una grande reputazione, ma sono riusciti comunque a segnare la vita di molte persone e i loro pezzi sono tuttora impressi nella storia. Il contesto indipendente è un movimento del quale facciamo indubbiamente parte anche se lo intendiamo alla vecchia “maniera“... cioè dare libero sfogo alle esigenze artistiche di un musicista senza nessun cliché e tanto, tanto sbattimento per tutto quello che riguarda l’aspetto live e promozionale. Al giorno d’oggi “indipendente“ è un termine di tendenza, i ragazzini si vantano di esserlo scaricando quantità industriali di MP3 (che distruggono tutto il lavoro fatto in studio dai musicisti) nei loro cellulari “ indipendenti “ da 700 euro… credimi che è tutt’altro. È uno stile di vita ed ideologico che paghi ogni giorno sulla tua pelle.
Cosa ne pensate delle etichette e delle Major discografiche? Si produce ancora buona musica? Ritenete che le scelte vengano in tal senso influenzate?
Delle Major non possiamo dirti niente, non ne siamo mai venuti direttamente a contatto. Per quanto riguarda la musica distribuita dalle “major“ NO COMMENT, non ci piace. Per noi Major sono etichette come Neurot Records, SouthernLord, 4AD, Matatador, Monkeywrench, che nella realtà sono etichette indipendenti . Per quanto riguarda quest’ultime è utile che ci siano perché possono dare voce a chi non ce l’ha o purtroppo non ha i mezzi e le possibilità per farla sentire e ci sono una valanga di dischi stupendi prodotti da etichette indipendenti. Il dato di fatto è che i tempi e le situazioni economiche sono cambiati e per una band è raro trovare qualcuno che ti paghi tutto il lavoro che fai, ma un minimo d’aiuto ci deve essere, questo è l’etichetta indipendente, aiutare a far emergere con quel poco che si ha a disposizione un buon disco e una buona band.
Perché la scelta di abbandonare il violoncello? Da quali strumenti è stato sostituito?
La scelta di abbandonare il cello l’avevamo in testa già da un po’. Fare un disco fotocopia di Blind Alley non aveva alcun senso e non c’interessava minimamente, siamo in continua evoluzione. In My June è un progetto libero e il fatto che tutti ci abbiano inquadrato come “trio acustico - cello“ c’è stato sempre un po’ stretto… In questo disco il cello è stato sostituito da diversi synth, piani Rhodes, Whurlitzer e chitarre elettriche, elementi dei quali pezzi avevano assolutamente bisogno per raggiungere un’adeguata espressività-
Continua l’esperienza con la Garage Records, etichetta indipendente che vi vede protagonisti per la seconda volta. Inutile domandarvi come vi troviate, ma avete per caso qualche sassolino nella scarpa da togliervi?
Per il momento tutto bene, Ruggero Pol e Marco Pagot, oltre che collaboratori, sono anche amici e credono come noi e con noi in questo progetto… Oltretutto Garage Records rappresenta una realtà concreta e in continua evoluzione nel nostro panorama. È partita anni fa come realtà locale e finalmente si sta incrementando a livello nazionale… queste sono le cose che noi sosteniamo! Non possiamo parlarti di sassolini nella scarpa, in questo momento stiamo camminando a piedi nudi e fa freddo.
Parliamo dell’ultimo disco: Leaves Don't Fall By Chance. Quali i temi trattati? Quali le differenze, a parte quelle di line up, con Blind Alley?
Diciamo che i temi sostanzialmente non sono diversi da quelli trattati in Blind Alley. Nella scrittura dei testi utilizziamo tantissimo un gioco d’immagini mescolate con il cut-up, ma in questo disco le parole sono più dirette, meno intransigenti, abbiamo preferito giocare sul contrasto musica-testo. Scriviamo di noi stessi, non abbiamo ancora la capacità o forse l’interesse di descrivere fatti o situazioni esterne. In LEAVES DON’T FALL BY CHANCE c’è un grandissimo lavoro di arrangiamenti, stratificando le varie canzoni con spessori di suoni e strumenti… se prima cercavamo di trasmettere con la semplicità e la scarnificazione dei brani, in quest’ultimo lavoro abbiamo voluto colmarli, sfumarli, renderli delle entità singole più forti da inserire in un contesto “denso“ come deve essere un album. Un’altra differenza importante è che quest’ultimo lavoro è uscito in vinile, un formato che adoriamo e che rende il giusto merito alla band ed ai veri appassionati di musica. Abbiamo anche una nuova line-up , con Antonio Padoan che si occupa di sinth, piano, strings , Alberto Vitali che ci segue nelle luci/visual e Lisa Cappellazzo alla batteria. Hanno cambiato totalmente i nostri live ed il nostro approccio, rendendoli un’esperienza unica e intensa all’inverosimile.
Qual è il senso che ricercate nella vostra musica? Quali le fonti d’ispirazione?
Sinceramente non ricerchiamo nessun senso, viviamo l’emozione del momento, in particolar modo quando sentiamo per la prima volta un nuovo pezzo finito e registrato. Le fonti d’ispirazione sono molte e passano dai Beatles agli Stooges, il filone Seattle anni 90, Nick Drake, Elliott Smith, Neil Young, Nine Inch Nails, Eels, Neurosis… siamo totalmente a 360 gradi.
Chi sono gli In My June nel quotidiano?
Persone che lavorano, faticano ad arrivare a fine mese ed a pagarsi un affitto. Quel poco che hanno lo investono nella musica e si fanno una valanga di chilometri per fare concerti, spesso pagati pochissimo. Persone però che hanno ancora un sogno e che continuano a sognare, persone che hanno paura di sbagliare ma che alla fine se ne fregano, persone che trovi in giro sedute sopra un marciapiede con le mani tra i capelli che fissano un punto vuoto. Quelle persone che ti guardano negli occhi e ti danno spunti per scrivere e per capire che quello che stai facendo è la cosa giusta.
Quale il messaggio che gli In My June vorrebbero comunicare agli ascoltatori attraverso la percezione di parole e musica?
Nessun messaggio, solo di vivere intensamente (anche se inconsciamente) quel momento. La musica se vissuta bene ha la capacità di farti sentire bene e male, felice e depresso. Ecco noi vogliamo “far sentire“.
Una musica in continua evoluzione, la vostra, per cui non si possono stabilire delle mete. Che generi musicali ascoltano gli In My June?
Tantissimi… noise, doom, punk, grunge, ibm, jazz, pischelia, acustico, classica… siamo divoratori di qualsiasi tipo di musica.
Avete delle date per dei tour? Dove suonerete?
Confermate per ora Il 30 novembre all’Apartamènto Hoffman (TV) e il 7 dicembre al Franky’s Motel di Radio Base (Ve). Da gennaio ripartiremo con altre date in giro per l’Italia e qualche puntatina all’estero,
Prossimi lavori in cantiere?
Il disco è uscito da solo un mese e per il momento siamo impegnati in concerti, interviste e promozioni varie… stiamo già scrivendo qualcosa di nuovo ma sinceramente è ancora un po’ troppo presto per capire cosa uscirà e dove andremo a finire.
Vi ringrazio per la disponibilità, ragazzi e complimenti per il vostro ultimo lavoro, che ho ascoltato e che posso affermare sia davvero magistrale. Spero di avervi ancora con noi. Keep in touch!
Grazie a te Marco, per l’intervista, la disponibilità , per credere ancora in queste cose rendendole vive e per aver ascoltato il nuovo disco!
“Rock’n Roll is here to stay” - Neil Young
ImJ
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