venerdì 10 marzo 2017

FREUD, CUORI DI TENEBRA E I MOTIVI DELLA GUERRA.


Ricercare un significato - il meno abulico possibile - ai "perché" della guerra, potrebbe rivelarsi necessario per ingenerare, nel sociale, un processo di compenetrazione del sé in quanto organismo utile agli altri solo una volta conscio di se stesso. Per meglio dissertare dei processi, si terrà conto, in quest'analisi, del pensiero freudiano sulla guerra e lo si confronterà col romanzo di Conrad, "Cuore di tenebra". Sebbene Freud non si capaciti circa le cause della generazione di un conflitto, tenterà portare alla luce aspetti interessanti, volti a un proseguimento della materia: “Dalle grandi nazioni di razza bianca dominatrici del mondo, nelle cui mani è affidata la vita del genere umano, che si sapevano intente a perseguire interessi estendentisi al mondo intero e a cui erano dovuti i progressi
tecnici per il dominio della natura, oltre a tanti altri valori culturali, artistici e scientifici, da questi popoli almeno era legittimo attendersi che giungessero a risolvere per altre vie i loro malintesi e i loro contrasti di interesse” (S. Freud: “Considerazioni attuali sulla guerra e la morte”, 1915). Da che mondo è mondo, nulla è cambiato e permane, nell'animo umano, il segno che nulla mai cambierà e che la pace resta un pensiero utopistico in un amalgama d'ipocrisia. Il senso di una guerra deve ricercarsi nel bisogno di annullare o, quanto meno ridurre, il progresso e la conoscenza di chi ha idee diverse. L'unione in gruppi in società, ha fatto sì, fosse estesa l'idea che "l'unione fa la forza", seppure tale unione sia ingentilita da ideali diversi, talvolta contrastanti dei vari singoli ma che, per il bene della comunità, dovranno accomunarsi, accomodarsi e trovare la giusta collocazione all'interno del complesso sociale. Ciò si traduce nella perdita delle idee, poiché prevarranno solo quelle portate avanti dai comunicatori, dai più forti, dai potenti che quella società avrà indicato come portatori sani d'idee e ideali, sviscerati dal male, santificati nel nome di un sociale pontificante vero e falso, bene e male costruiti ad optimum per quello stato, per le consuetudini divenute verità. La potenza dei rappresentanti intanto cresce e, più cresce, più essi avvertono il bisogno di controllare i cittadini; sorgono dunque nuovi organi di controllo preposti affinché la Legge indetta dagli stessi non venga infranta, sempre a difesa di quei principi di bene e male imposti sul volere comune. Al cittadino viene garantita la sicurezza e un senso di pace, all'interno della comunità, tuttavia, i governanti gli imporranno regole alle quali sottostare, pena la costrizione, la coazione e la punizione. La comunità diviene un Panopticon benthamiano, ogni singolo individuo si fa garante della Legge e potenziale eversore della stessa, cresce la diffidenza tra i singoli e le istituzioni, ritenendosi essi spiati da altri singoli e che per tale motivo, difficilmente daranno adito ad azioni contra legem, a danno della propria società, a danno di se stessi. I benefici crescono per tutti, spesso si tratta di falsi benefici ai quali, la mente obnubilata del cittadino si attacca neanche fosse di primaria importanza, sebbene spesso non lo sia. Gli stessi organismi preposti allo sviluppo della società presentano quel beneficio come l'essenza stessa della comunità, un must, l'irrinunciabile per la continuazione della comunità, quindi della protezione che essa dà, quindi del benessere. Si noti come oramai, nel discorso di comunità, quello di singolo individuo venga travalicato, assoggettato e reso nullo dal fabbisogno collettivo.
Si parlava dell'irrinunciabile: quando un bene, una risorsa, non sono posseduti dalla comunità, si tenterà di far leva sul pensiero collettivo affinché sia la collettività stessa a richiederne la conquista. È qui che entrano in gioco dèi, archetipi fattisi strada nella parte paleo-mammaria del cervello, costruzioni e convinzioni divenute etica, rispetto, naturalità da preservare; espressioni poetiche come: "Iddio lo vuol", forme segniche come croci, simboli di un valore appreso e di un'aggregazione vengono eretti a vessilli per rappresentarli e in modo da restare facilmente impressi.
Nella prefazione a "Heart of Darkness" di J. Conrad, Sertoli s'interroga sulle motivazioni che inducano l'uomo a compiere tali orrori; dice Sertoli: “Una domanda s’impone: com’è possibile tutto questo? Com’è possibile che la civiltà produca un tale orrore, che degeneri fino al punto di convertirsi in barbarie? Sono sufficienti, a spiegarlo, le ragioni della politica e dell’economia? O non c’è invece qualcosa d’altro, qualcosa che ha a che fare con la psicologia dell’uomo bianco, “evoluto”, “civilizzato”? Che cosa avviene dentro questo uomo quando, tolto dal suo mondo… si trova circondato dalla wilderness?“.
Sertoli come Freud, dunque, singoli che hanno raggiunto una consapevolezza dell'orrore compiuto da società che si reputano "civili". È vero che queste società così civilizzate si sentano in dovere di riaffermarsi ed estendere il proprio dominio, il proprio credo, il pensiero e la cultura allargando i confini, soppiantando altre culture con guerra e distruzione e facendo un bell'imprinting generale sui popoli conquistati; è pur vero che, sentirsi parte di una società, riduce il senso di colpevolezza dettato da azioni inenarrabili e in nome di un dio o di un determinato benessere, una pilatesca uscita dalla scena con le mani pulite, un plotone d'esecuzione che mai verrà a conoscenza di quello che non sparò a salve. O siamo, nella realtà, tutti felicemente conniventi?

Nessun commento:

Posta un commento