venerdì 10 marzo 2017

Del linguaggio e dell'intenzione.



   Quello che Wittgenstein propone nel Tractatus è che mondo e linguaggio debbano condividere la stessa forma logica; ciò si potrebbe portare su altri livelli di coscienza, piuttosto che restare nell'ideale della rappresentazione - e trasporlo perciò sul piano tridimensionale dell'intenzione. L'intenzione porta all'azione, quindi alla comunicazione e al trasferimento dell'idea, attraverso il linguaggio. Il bisogno crea: l'intenzione, l'azione e il linguaggio comunicativo, col quale il bisogno del singolo, avvertito dai simili, diviene necessità comune e perciò, il linguaggio, il mezzo organizzativo con cui
preparare l'azione. Esiste, tuttavia, un linguaggio imitativo, una forma atta a colloquiare con altri esseri (es. Cacciatore - preda), un modo di relazionare due individui appartenenti a diverse specie. Il linguaggio diviene dunque un riflesso, nel tentativo di scoprire la cogente universalità della natura, di adattarsi a essa e adattarla a se stessi, attraverso l'azione. La comunicazione, sia essa verbale o meno, diviene perciò un tentativo di comprensione prima e di adattamento poi, La percezione, attraverso i sensi, dei fenomeni, porta alla creazione di gruppi e di specie che avvertono i medesimi bisogni, le stesse paure e sensazioni similari. Tutto ciò tende a ricreare una fitta tela di linguaggi, composta da utenti, oratori e intermediari (ove per intermediario di intenda un oratore preposto a tradurre il linguaggio di un popolo o di una specie, nel linguaggio di altri popoli o specie). Il tentativo di intermediazione può riferirsi a una trappola, a un'esca (Cacciatore - preda) o a un dispositivo di comprensione (traduttore). Qualora venga a mancare il bisogno di comunicazione o, ancora, qualora il singolo voglia uscire dalla intenzione votata all'azione, ecco che il linguaggio si trasforma, viene sovvertito. Mi viene in mente il linguaggio militare. Pochi ordini, ridotti all'essenziale, la comunicazione diviene mezzo per la salvaguardia di confini e interessi, il linguaggio è spesso cifrato e comprensibile solo a determinati utenti, capaci di decifrare messaggi con apposite chiavi di lettura. Il bisogno di protezione confina il linguaggio a pochi utenti o, ancora, a un solo utente. L'accesso si trasforma da linguaggio estensivo a linguaggio restrittivo e ciò si avverte maggiormente quando è presente un reale pericolo per l'incolumità del singolo e per invasioni che ne delimitino gli spazi. Il senso del linguaggio è, dunque, quello della creazione di cerchie, di agglomerati ove sussista un determinato interesse o feeling e non si potrà nemmeno screditarlo qualora si trasformi in phoné, in semplice rumore, poiché anche il rumore che crei l'interesse di uno, si tradurrà in linguaggio o si trasformerà esso stesso in linguaggio comune nel tempo. Sovvertire l'ordine delle parole diventa naturale come diviene naturale una catacresi, nel tempo. Man mano che l'uomo si trasforma, cambia anche il linguaggio, combinandosi con gli elementi con cui ha a che fare ogni giorno con la propria esperienza. Wittgenstein afferma che la filosofia dovrebbe esser vista come pratica terapeutica di chiarificazione dell'ordinarietà, foriera di un compito etico, un tentativo di vedere le cose rettamente, mutando il modo in cui l'aspetto del mondo ci appare. È pur vero, tuttavia, che la varietà e la variabilità del mondo si riflettano nel caos e, gli stessi mutamenti e perciò pure lo stesso linguaggio, si esprimano in una stocastica e del tutto personalizzata concezione della realtà.

Nessun commento:

Posta un commento